Un giorno feriale qualsiasi. Una Messa feriale non particolare. Giunge il momento più importante: l’elevazione dell’Ostia. Improvvisamente si sente una musica che non ha niente di sacro, di liturgico: il suono di un telefonino. La proprietaria si alza subito, esce dalla chiesa e, dopo svariati minuti, rientra in tutta tranquillità. Qualcuno potrà obiettare che ci possono essere urgenze che costringono a questi gesti. Personalmente, sono portato a pensare che se uno ha qualche grave problema per le mani, magari non si allontana di casa.

Perciò mi domando: se tutti noi che andiamo a Messa, soprattutto nei giorni feriali (nei giorni di festa, si sa, sarebbe di precetto), ci rendiamo veramente conto del gesto che compiamo. La domanda nasce anche dal fatto che ormai è diventato quasi normale sentire durante le celebrazioni squilli di telefonini, ai quali seguono regolari risposte con conversazioni, talvolta appartandosi dietro qualche colonna. Addirittura durante una confessione, una signora si è spostata per rispondere al telefono.

Qualche anno fa, quando non c’erano ancora i telefonini, eravamo allora trogloditi? La risposta che mi sono dato è che ormai sempre più siamo portati a considerare il “sacro” quasi un accessorio. Al quale ci si può avvicinare, ma di cui si può fare anche a meno. E a Messa si va perché si deve, ma, con la stessa disinvoltura, si può tralasciare… Circa trent’anni fa la Diocesi di Milano aveva organizzato una intervista a coloro che uscivano da una Messa domenicale, non quindi da uno spettacolo teatrale. La domanda era se credevano nella vita eterna. Il 60% ha risposto che non credeva. Col tempo questi sono diventati coloro che, difronte allo squillo di un telefonino, pensano che sia più importante rispondere che partecipare ai sacri riti per assistere ai quali ci siamo spesso spostati volontariamente (ma con quale consapevolezza?) da una comoda poltrona.

Mi ha colpito giorni fa, mentre me ne stavo disteso sulla spiaggia a crogiolarmi al sole, di dover ascoltare intorno a me le conversazioni (chissà perché c’è tanto bisogno in spiaggia di fare comizi!) di alcune famiglie che ad un certo punto, incidentalmente, hanno toccato il tema religione. L’argomento è durato poco, ma mi ha sorpreso soprattutto che le donne, a differenza degli uomini, ritenevano l’andare a Messa una cosa non indispensabile. Questo episodio non vuol sicuramente certificare un fenomeno, ma è significativo per capire che tanti ragazzi, dopo la Cresima e talvolta dopo la Prima Comunione, non sentano più il desiderio di entrare in una chiesa o di partecipare semplicemente alla vita negli oratori, dove questi sono presenti.

Tutto questo ci porta a constatare nella maggior parte delle persone un affievolimento del senso del sacro, quando non un fastidio. Vediamo però crescere qua e là gruppi di persone che attraverso cammini autentici nei Movimenti o nelle Parrocchie rivitalizzate, riacquistano sempre di più la consapevolezza del bisogno imprescindibile di far aderire la propria vita agli insegnamenti del Vangelo e che per Esso sono pronti anche a dare la vita… Ne sono la prova le continue conversioni ed anche una maggiore attenzione verso il sacro da parte di persone che si definiscono quanto meno agnostiche.

Il nostro è certamente uno dei momenti difficili che, come in passato, caratterizzano il tempo presente: è necessario però prenderne consapevolezza perché possa cominciare l’era della rinascita evangelica. Papa Francesco ci sta offrendo, anche in termini umani, tutti gli strumenti per avviarci verso un nuovo cammino. Sta a noi metterli in pratica.

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