Una celebrazione condivisa con stile sobrio e vissuta nella sincera vicinanza alle tante vittime che il Centro Italia ha pianto in questi giorni. Non poteva essere altrimenti questo San Giuliano e, come preannunciato nei giorni scorsi nel messaggio diramato congiuntamente con il sindaco di Macerata (leggi Qui il servizio), la festa in onore del Patrono Ospitaliere è stata l’occasione per unirsi in amicizia e preghiera, nel ricordo di quanti, a causa del devastante sisma del 24 agosto che ha colpito il Lazio, le Marche e l’Umbria, hanno perduto la vita tra le macerie.

La statua di San Gluliano "traslocata" per cause di forza maggiore all'Arena maceratese
La statua di San Gluliano “traslocata” per cause di forza maggiore all’Arena maceratese

Sul palco, allestito per uno spettacolo in programma domani, i segni della semplice, come il crocifisso di legno, ma pura e viva devozione. Il vescovo diocesano, Nazzareno Marconi, affiancato da monsignor Renzo Fratini, (arcivescovo nativo di Urbisaglia e Nunzio apostolico in Spagna) nei giorni scorsi, appellandosi all’opportuna prudenza, aveva invitato i fedeli a raggiungere lo Sferisterio, “tempio” culturale della Città scelto in emergenza come sede per la Celebrazione eucaristica odierna a causa della chiusura della Cattedrale lesionata dal terremoto, e la comunità ha davvero risposto «con il cuore», riempiendo letteralmente la platea dell’arena che tanti momenti di svago e di divertimento accoglie da secoli. Circa duemila le persone, tra cui bambini e famiglie, accorse in questo pomeriggio di fine estate, scongiurando il rischio della pioggia: le loro offerte, raccolte durante la funzione religiosa, saranno destinate alle popolazioni vicine colpite dall’immane catastrofe.

In un luogo così evocativo in termini di «ospitalità», anche il dono a Carancini di un’antica stampa rappresentante lo stesso San Giuliano. «Lo Sferisterio – ha detto il Sindaco – equivale ad un sentirsi tutti insieme, come un grande abbraccio verso tutti, fedeli e laici. Ai cittadini maceratesi dico: in questo momento non facile, dobbiamo avere pazienza senza creare allarmismi e dobbiamo sentiamoci sicuri, prima di tutto a partire dalle relazioni e dalla nostra capacità di stare insieme, come oggi è stato dimostrato».

Presenti alla liturgia, animata dalla Cappella musicale della Cattedrale di Macerata e in cui non manca la santa reliquia del braccio di San Giuliano, anche le massime Autorità, civili e militari e Istituzioni locali – dal Primo cittadino al presidente della Provincia e al Prefetto, dal Rettore dell’Unimc ai maggiori rappresentanti delle Forze dell’Ordine -, a testimoniare come, nelle prove e nelle difficoltà, la sinergia tra più risorse può davvero fare la differenza per superare il trauma e ricostruire, con impegno e serietà di tutti. Rispettata anche la consuetudine dell’offerta del cero votivo da parte del Comune di Macerata.

Il vescovo Nazzareno Marconi si è intrattenuto con diversi fedeli e con le Autorità locali prima dell'inizio della Santa Messa
Il vescovo Nazzareno Marconi si è intrattenuto con diversi fedeli e con le Autorità locali prima dell’inizio della Santa Messa

Niente Messa, ieri, per la dedicazione del Duomo, così come è stata annullata la tradizionale processione per le vie maceratesi con la reliquia del Santo “ospitatore” per devozione. Scelte comprensibili, dettate dal delicato momento che anche la nostra provincia sta affrontando, ma che non hanno impedito di onorare comunque la giornata di oggi, 31 agosto, secondo lo spirito solidale e attento della nostra gente che, oltre alle lacrime e allo sconforto generale, sa guardare con cuore cristiano a quella speranza nel domani che solo la fede può alimentare.

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«In questo Anno Santo della Misericordia – ha esordito don Nazzareno nell’omelia – la celebrazione di San Giuliano prende un significato particolare, anche per l’esperienza, purtroppo molto vicina, del terremoto che ha flagellato la nostra terra. Le letture di oggi, ed in particolare il brano del libro del Siracide, mi sembrano un dono di luce spirituale, per leggere con fede questa esperienza che stiamo vivendo. Ben Sirach il saggio dell’antico testamento autore di questo testo, dopo aver riletto la storia passata del suo popolo con le sue alterne vicende, confessa la sua fede in una provvidenza divina che guida la storia: egli sa che “il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione”. Noi abbiamo sperimentato questa salvezza: se il numero delle vittime è alto e preoccupante – prosegue Marconi –, poteva però essere ancora più tremendo, se il terremoto fosse avvenuto in altri orari. Ma, ancora di più, abbiamo sperimentato come Dio ci salva dagli eventi negativi, che fanno parte della nostra vita fragile sulla terra, attraverso l’impegno degli uomini di buona volontà».

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(foto Roberto Properzi)

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Inevitabile, quindi, il riferimento all’opera dell’uomo che, di fronte a calamità naturali così immense, gioca un ruolo fondamentale. Lo hanno ricordato il vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole, e quello di Rieti, monsignor Domenico Pompili, durante le esequie solenni dei morti di Arquata, Pescara del Tronto, Amatrice, Accumoli e le sue frazioni. Lo sottolinea il Pastore di Macerata. Senza venatura polemica, ma con la lucida consapevolezza di una trasparenza doverosa in cui, davvero, si fonda il bene e il futuro dell’uomo. «Sappiamo bene che le responsabilità di uomini che non fanno il proprio dovere per il bene comune, possono aggravare le conseguenze di un evento naturale com’è un sisma. E purtroppo questa storia di inadempienze e colpevoli mancanze la conosciamo e la scopriamo sempre di più. Tuttavia – ha rimarcato monsignor Marconi – l’impegno eroico di uomini retti, che sostenuti dal civismo e molto spesso dalla fede, salvano, soccorrono ed ospitano le vittime del terremoto, sono le mani di Dio che salva e che protegge. Dio è nei luoghi più devastati dal terremoto ed anche tra le nostre case e Chiese lesionate, attraverso la presenza dei credenti che operano». 

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Il rimando al Vangelo di Cristo è immediato, e sembra donare conforto in queste giornate in cui si contano gli sfollati anche nei Comuni della Diocesi e la paura, già sperimentata nel 1997, quando pure il terremoto bussò violentemente alle porte dei paesi del Maceratese, si è nuovamente materializzata. «“Dove due o più sono uniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro” ha detto Gesù. E Gesù – ricorda il presule di origine Umbra, che, allora, visse da vicino la fatica della ricostruzione del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Assisi, di cui è stato rettore – è in mezzo a chi scava senza riposo tra le macerie, è tra chi accoglie gli sfollati nelle tende e prepara un pasto caldo, ma è anche tra chi studia i rischi ed impegna la sua mente e le sue competenze tecniche per ridurre il pericolo e trovare soluzioni più sicure per il futuro. Noi siamo le mani di Dio per aiutare il mondo, dice una vecchia canzone, ed il terremoto ci ha ricordato questa bella verità e ci chiama sempre più all’impegno ed alla responsabilità verso chi soffre».

«“Dove due o più sono uniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro” ha detto Gesù. E Gesù è in mezzo a chi scava senza riposo tra le macerie, è tra chi accoglie gli sfollati nelle tende, ma è anche tra chi studia i rischi ed impegna le sue competenze tecniche per ridurre il pericolo e trovare soluzioni più sicure per il futuro»

«Questa esperienza ci ha poi insegnato il valore della vita», aggiunge. «Le case crollate si potranno ricostruire. I beni danneggiati ricomperare, ma le vite travolte dal terremoto non si recuperano. Se non agli occhi della fede, che ci insegna a guardare la morte, anche quella più tragica ed improvvisa, come un passaggio verso la luce di Dio. Per questo da credenti sentiamo oggi tutto il dovere della preghiera di suffragio per le vittime. Non è vero che non possiamo fare più nulla per loro. Possiamo pregare “il Signore clemente e misericordioso, che perdona i peccati” perché li accolga nelle braccia della sua misericordia», afferma il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, impegnato in queste settimane nei sopralluoghi per verificare la situazione delle chiese di ogni Unità Pastorale. Come noto (leggi Qui il servizio riepilogativo), diversi sono gli edifici interessati dalle lesioni: alcune chiese, attualmente sono state chiuse in via precauzionale, in attesa di ulteriori verifiche per accertarne la stabilità, mentre altre sono state già dichiarate del tutto inagibili. Nonostante la situazione critica, proprio in concomitanza con la festività patronale, sono stati comunicati i nomi dei nuovi parroci e co-parroci nominati per la città di Macerata, presenti sull’altare accanto al Vescovo.

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«La meditazione alla luce della parola di Dio su questo evento che abbiamo vissuto e che segnerà anche il nostro futuro – ha concluso infine Marconi –, mi ha spinto a notare tutta la passione con cui le forze migliori del paese, dal volontariato ai tecnici di ogni ambito, agli operatori della comunicazione sociale ed anche ai politici, si sono mobilitati davanti a delle case in macerie per salvare il salvabile ed evitare che altre case in futuro potessero finire in macerie. Non ho potuto fare a meno di pensare a quante altre case, nel senso di famiglie, di nuclei familiari in crisi, sono a rischio crollo o sono già in macerie. Quando crolla interiormente una famiglia – ha detto – ci sono egualmente vittime e spesso soprattutto vittime innocenti. Non ho potuto fare a meno di pensare che se tutti mettessero lo stesso impegno per rendere antisismiche davanti alle prove della vita le unioni familiari; se alle prime scosse tutti si mobilitassero con la stessa generosità che vediamo oggi; se i politici prendessero provvedimenti altrettanto celeri e saggi per dare sostegno alle famiglie che rischiano di crollare dentro, la nostra intera società ne guadagnerebbe molto. Quante vittime e quanto dolore potremmo evitare se scattasse una “protezione civile” altrettanto efficiente in difesa di chi si ama e vuol, continuare ad amarsi, con l’aiuto generoso di tanti per superare le crisi ed i sismi della vita».

«Non ho potuto fare a meno – ha aggiunto il vescovo Marconi – di pensare a quante altre case, nel senso di famiglie, di nuclei familiari in crisi, sono a rischio crollo o sono già in macerie. Quando crolla interiormente una famiglia – ha detto – ci sono egualmente vittime e spesso soprattutto vittime innocenti»

Parole che don Nazzareno definisce «un sogno di vescovo», da affidare «alla protezione di San Giuliano ed alla collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà che sono tra noi e per fortuna sono tanti». A “vegliare”, oggi più che mai, su questi propositi e sui volti di una comunità desiderosa di proseguire il cammino alla vigilia dell’apertura del nuovo Anno pastorale, l’immagine della Mater Misericordiae, Patrona della Diocesi.

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(foto Roberto Properzi)
(foto Roberto Properzi)

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