In questi ore in cui sono ancora in corso le stime dei danni causati dal terremoto del 24 agosto scorso, così da garantire la ripresa prioritaria di una vita normale, anche grazie all’avvio delle scuole, un avvenimento “stona” nel campo della tutela dei beni culturali del Maceratese. Nella Collegiata di San Lorenzo, a Urbisaglia, sopra il portone principale della chiesa, ha il suo spazio privilegiato l’orchestra e, con essa, un pregiato organo del Callido, proveniente da Macerata, purtroppo gravemente danneggiato a causa del sisma che ha colpito il Centro Italia.

Gaetano Antonio Callido (1727-1813) è considerato il più grande organaro italiano, data la qualità associata alla quantità delle opere costruite: in 44 anni di attività può vantare, infatti, ben 430 realizzazioni tra l’allora Repubblica di Venezia, il Trentino Alto Adige, l’Emilia Romagna, le Marche, l’isola di Malta e la Turchia. L’organo di Urbisaglia, risalente al 1792, fu destinata alla chiesa di San Filippo (catalogata col numero 303 e destinata, appunto, ai padri Filippini): «I padri dell’Oratorio (come li indica Antonio, figlio del Callido, nel registro delle opere) non hanno mai rinunciato all’organo per la loro chiesa – conferma l’esperto organologo Fabio Quarchioni -, prima del Callido c’era un organo di Giovan Martino Cataleni del 1729, poi il Callido, poi un Andrea Gennari del 1828 e, infine, un Sebastiano Vici del 1796, inglobato in un organo elettrico Pinchi tuttora esistente».

Date le soppressioni napoleoniche degli Ordini Religiosi, l’esemplare venne acquisito dal Demanio che lo rivendette, nel 1811, alla Collegiata di San Lorenzo, dove tutt’ora è situato. «Nelle Memorie civili e religiose di Urbisaglia (Tip. Bianchini, Macerata 1947) – continua Quarchioni -, il sacerdote Filippo Caraceni annota il pregio dell’opera indicandone l’autore e l’anno d’acquisto. Qui è rimasto fino ad ora ed è stato frutto di una personale scoperta nel 1985, durante la campagna di censimento e catalogazione promossa dalla Regione Marche».

Utilizzato fino agli anni Cinquanta-Sessanta (come riferito da don Adriano Dariozzi, ex Pievano di S. Stefano, di origine urbisalviense), come quasi tutti gli organi antichi è caduto in disuso a causa del disinteresse generale: «Nel tempo si è deteriorato ad opera di tarli, polvere e cancro dello stagno. A memoria personale – conclude l’organologo -, già negli anni Ottanta le canne interne erano inclinate per l’instabilità del crivello e ora, le recenti scosse di terremoto hanno completato l’opera di distruzione».

Nella Diocesi di Macerata sono presenti 19 opere del Callido: 6 a Macerata (Cattedrale, organo doppio, 1790; Collegiata di S. Giovanni, 1792, op. 306; chiesa di S. Paolo, 1803, op. 414; Monastero Corpus Domini, 1804, op. 414; chiesa di S. Croce, 1804, op. 415; e chiesa di S. Maria della Porta, 1773, op. 85); 2 a Recanati (S. Francesco, 1770, op. 48; e S. Vito, 1790), a Tolentino (chiesa di S. Maria Nuova, 1803, op. 396; e Cattedrale di S. Catervo, 1786, op. 226); e a Treia (Cattedrale della Ss. Annunziata, 1779, op. 152; e S. Francesco, 1790); 4 a Cingoli (Monastero di S. Benedetto, 1769, op. 50; Cattedrale di S. Maria Assunta, 1773, op. 83; Monastero di S. Sperandisa, 1773, op. 84; e Collegiata di S. Esuperanzio, 1792, op. 304); mentre una a Montecassiano (Collegiata di S. Maria Assunta, 1775, op. 105); a Pollenza (Collegiata di S. Biagio, 1793, op. 316;  e, appunto, nella Collegiata di S. Lorenzo a Urbisaglia.

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