Il terribile terremoto di Amatrice e Accumoli ha messo in risalto quanto di bello l’Italia sia in grado di produrre nei momenti di dolore.

La Stampa di Torino in pochi giorni ha raccolto i fondi necessari per la ricostruzione della scuola di Amatrice. L’SMS 45550 ha raggiunto finora, ma sarà attivo fino all’otto ottobre, più di 15 milioni di Euro. Ristoranti di tutta Italia hanno decurtato di 2 Euro ogni coperto in favore dei terremotati, per non parlare poi di tutte le iniziative che ci sono state dappertutto ad opera di parrocchie, associazioni, partiti, sindacati, gruppi, aziende. Una partecipazione veramente corale che ancora una volta ha fatto guardare con grande interesse al nostro Paese da ogni parte del mondo.

È un fatto veramente significativo se si considera che tanta generosità è stata espressa in un momento delicato per l’Italia, che sta ancora attraversando con qualche difficoltà il periodo della recente crisi economica mondiale.

Anche i soccorritori hanno dimostrato il meglio di se stessi nel salvare, con determinazione ed amore, più di duecentocinquanta persone rimaste intrappolate tra le macerie. Vale per tutti il foglio vergato dal vigile del fuoco che ha chiesto perdono a quella creatura che non sono riusciti a salvare perché “arrivati troppo tardi”. Questo, sono certo, è stato l’animo di tutti i soccorritori che, nel tentativo di salvare vite umane, troppe volte hanno abbracciato la morte.

Ma ci sono state altre notizie, forse passate in secondo piano in questo momento, che meritano invece tutta la nostra attenzione e rispetto. Sono i tremila euro offerti dalla comunità indiana (i più poveri tra i poveri) al sindaco di Tolentino in favore dei terremotati. E sono gli ottantanovemila euro raccolti dalla comunità cinese di Milano e consegnati al sindaco per lo stesso scopo. E sono i tanti giovani immigrati che hanno chiesto di andare a scavare tra le macerie per salvare vite umane.

Ci saranno sicuramente tanti altri episodi simili. Cito questi perché solo di essi ho notizia documentata. E sono poi le stesse persone che ritroveremo in quei posti di lavoro che ormai tanti italiani, forse ingannati dall’effimero benessere raggiunto alla fine del secolo scorso, oggi rifiutano.

La cosa mi colpisce particolarmente perché avvenuta in un momento in cui da troppe parti si cercava di diffondere l’odio xenofobo. La risposta di questi nostri fratelli è stata di ignorare tutto il male che viene loro gettato addosso e rispondere con quella generosità che va ben al di là delle cifre donate o della disponibilità offerta.

Quei giovani infatti che sono andati a scavare (non avevano altro da dare che le proprie braccia), lo hanno fatto perché spinti dal sentimento di fratellanza universale che noi Europei abbiamo affermato, sì, con la Rivoluzione francese, ma che abbiamo poi subito messo da parte.

Che sia giunto anche da noi il momento di riscoprirlo?

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