Stampa americana ancora intenta a commentare il discorso di Obama a Chicago, anche in raffronto alle parole pronunciate ieri da Donald Trump nella sua prima conferenza stampa da Presidente eletto. Quello del Presidente uscente appare come un discorso per rassicurare in vista di un futuro incerto, più che un elenco di successi degli ultimi otto anni: questo il commento più frequente della stampa statunitense per l’amaro speech d’addio di Barack Obama.

«In più passaggi del discorso il presidente ha assunto il ruolo del “riassicuratore” in capo, l’uomo che tranquillizza e sprigiona ottimismo nonostante tutto», ha scritto in un commento sul Washington Post, Chris Cillizza. «Obama ha insistito nel dire che la storia non procede in linea retta, e sia pure l’elezione di Donald Trump può sembrare un passaggio anomalo, è anche questa parte della marcia verso il progresso».

Oltre al forte richiamo ai valori democratici, apprezzato del discorso soprattutto il passaggio in cui il Presidente ha richiamato all’importanza di fare volontariato, di organizzarsi, di impegnarsi in politica, e di lasciare da parte i bisticci sui social media a favore di conversazioni e battaglie di valori combattute in prima persona. «L’ultimo discorso di Obama non può nascondere una eredità fallimentare», ha invece sentenziato Sean Hannity, presentatore di Fox News, network vicino al partito repubblicano.

Diversa è la lettura di Cbs News, che titola: «Obama mette in guardia contro le minacce alla democrazia» alla vigilia dell’insediamento alla presidenza di Donal Trump. Il New York Times invece pone l’accento sul tema della coesione sociale: «Obama dice arrivederci puntando il dito sull’unità nazionale». Altre pubblicazioni, come il Denver Post, hanno sottolineato il tono del discorso: «Obama dice addio con un discorso melanconico». E Time magazine suggerisce che il Presidente torna alle origini del suo successo in politica, invitando i sostenitori a rimboccarsi le maniche per completare i progetti che non è riuscito a finire. Nei titoli di oggi è il nuovo eletto, Donald Trump in primo piano: ma i riferimenti alla politica estera e ai programmi interni sono modesti rispetto alla questione degli hacker russi e della gestione delle aziende di famiglia, che saranno guidate da un trust affidato ai figli di Trump. Nel frattempo si alza lo scontro politico con il Messico («non pagheremo il muro anti-immigrati»).

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