Prosegue il cammino di preparazione al Matrimonio cristiano per le coppie di Treia e Appignano. Il tema dell’ultimo incontro è stato dedicato al dono più bello che essa possa ricevere e il mistero più profondo a cui essa possa collaborare: accogliere un bimbo. Nonostante questo tema presenti delle asperità stridule a un ascoltatore digiuno, il relatore non dà spazio a disconnessioni mentali in cui il pensiero annoiato fa voli pindarici. Arturo Buongiovanni, presentatosi scarnamente come “avvocato di provincia”, è piuttosto un “contagioso servitore della vita”. Non potendo rendere il guizzo luminoso e divertente nei suoi occhi, queste righe provano a riportare le sue parole, a volte cucite insieme con minore abilità dialettica del relatore ma attente a conservare l’energia dei contenuti.

I segni di distruzione o svilimento si fanno presto notare e rendono afoni e trasparenti i segni di speranza, come ad esempio le giovani coppie che si prendono la responsabilità di sposarsi. Molte difficoltà possono turbare e logorare la speranza ma non possono espugnare la vita perché esiste la grazia di Dio. Nonostante le voci dissonanti, la vita umana ha valore massimo sempre, all’inizio e alla fine, in un punto di picco relativo o assoluto, in un asintoto nel verso dei piedi o nel verso dei capelli. Ci si soffermi ora sulla vita nascente e si provi a rispondere a questo interrogativo: la vita umana è intangibile ma quando inizia veramente? Quando si passa dal non essere all’essere?

L’avvocato Arturo Buongiovanni

Nel concepimento. Per definizione, l’essere umano è un individuo vivente di specie umana. E l’individuo ha la propria individualità dovuta al suo codice genetico. Il mescolamento del patrimonio genetico del padre e della madre avviene nel concepimento, quindi è in questo istante che il nuovo codice genetico si assembla e prodigiosamente prende vita un nuovo e unico individuo. Ora, il nuovo essere umano si chiama embrione, da qui inizia a svilupparsi tramite la moltiplicazione cellulare e poi avviene la differenziazione. A soli 18 giorni, quando la mamma ancora non sa di essere incinta, ha il cuore e a 2 mesi ha tutti gli organi formati. Subito, tra la mamma e il figlio c’è un dialogo di tipo biochimico, chiamato cross-talking, una meraviglia dove l’embrione si presenta alla mamma come il figlio, altrimenti il corpo della mamma lo rifiuterebbe senza questa protezione.

Centrale è il problema dell’attecchimento in utero con le fecondazioni in vitro, dove il cross-talking non avviene e l’utero non si prepara a ricevere qualcuno, non riconosce l’embrione come figlio. Lecito chiedersi: chi coordina questo primo dialogo e anche il successivo sviluppo dell’embrione? L’embrione stesso, che ha nel suo dna tutte le competenze necessarie. Di questo si dovrebbe parlare a scuola, è strano che se ne debba parlare per la prima volta a un corso prematrimoniale. Come si sviluppa la vita, quali sono le principali fasi della vita: questo dovrebbe essere insegnato nelle scuole. Purtroppo se ne parla pochissimo, perciò culturalmente si è abituati a vedere l’inizio della vita quando nasce un bambino, invece, si dovrebbe insegnare già ai bambini che la vita inizia quando si è concepiti. Si diventa genitori molto prima di quanto si è abituati a pensare.

Qual è il senso di parlare della vita nascente a un gruppo di coppie che stanno per sposarsi? Ordinariamente Dio ha bisogno di coppie che si uniscano nell’atto di amore affinché un bambino sia concepito. La vita è un dono di Dio ma Dio ha bisogno degli uomini affinché al mondo arrivino nuove vite. Perché se non ci fossero coppie che si uniscono in quell’atto di amore e che sono anche aperte alla vita, il genere umano si estinguerebbe. La parola “procreazione” fissa questa grande vocazione: l’uomo e la donna insieme a Dio creano la vita. Allora le coppie diventano i più grandi collaboratori di Dio su questa Terra affinché essa sia viva e feconda; senza coppie inclini alla procreazione Dio non potrebbe mandare avanti l’umanità. La responsabilità della coppia non è solo star bene insieme ma è anche quella di essere generosi nei confronti della società. Da Dio si è avuta la salute, e anche l’intelligenza, un compagno di vita (non è scontato né da poco) e la fortuna di essere nati in un Paese dove si può spendere del tempo a ragionare su questi argomenti.

Si scorra per qualche secondo con la mente alle persone nate a poche centinaia di chilometri da qui, questione di qualche centimetro più a Sud nel mondo. Queste non hanno tempo per trattenersi a parlare di simili argomenti, perché hanno urgenza di pensare a cosa mangiare per sopravvivere o spesso urgenza di salvarsi la pelle da una bomba, un proiettile. Fondamentalmente si può vivere in due modi. L’uno, come ci suggerisce l’attuale società “edonista”, assecondando i bisogni individuali e incentrandosi solo nella realizzazione del piacere personale, per ottenere momenti isolati di felicità e tratti di benessere individuale. L’altro, donando se stessi e i propri talenti a un progetto più grande, che non vuol dire rinunciare a gioie e soddisfazioni ma diffidare dei piaceri episodici, che vuol dire mettersi a servizio di una missione più grande che scaldi davvero il cuore e regali una visione alta delle cose.

Nella seconda prospettiva di vita, che cos’è la sessualità? Solo un momento di piacere reciproco? Se così fosse, scadrebbe nella strumentalizzazione reciproca. La sessualità è molto di più, è l’atto preordinato alla vita di un nuovo essere umano, che lo si accetti o no, che lo si programmi o no. Questo mondo è stato violentato, non solo nella natura con l’inquinamento e lo sfruttamento piratesco di ogni bene, è stato violentato nei valori, perdendo il senso della solidarietà e l’idea di uguaglianza vera tra esseri umani. Un toccasana è essere aperti alla vita ed educare i figli alla vita, a difenderla, amarla, sentirla dentro e fuori di sé, spenderla appassionatamente secondo i propri doni. Allora si creerà una “catena di evoluzione virtuosa” e il Paese beneficerà esponenzialmente della generosità e dell’apertura alla vita. Quando si ha il privilegio di avere dei figli (perché non è dovuto che un figlio arrivi), si ha l’ulteriore privilegio di accoglierli in un ambiente sano, sereno, tra due persone che si amano e si sono scelte. Ma la società offre alla vista situazioni in cui ci sono bambini con diversi diritti alla vita rispetto alla “normalità”.

I bambini che sono concepiti nel disagio, nella povertà, in relazioni occasionali, in gravidanze impreviste valgono o contano meno? Prima o poi nell’ordito della vita di ciascuno si intreccerà una qualche situazione con protagonista la madre di un bimbo nella precedenti condizioni. Che fare? Rimanere chiusi nella sicurezza delle proprie famiglie “serene”? Interessarsi? In Italia, Paese civile, di fronte alla gravidanza vale il teorema dell’alternativa: o accettare la vita o abortire. Nel secondo caso, si può abortire fino al terzo mese di vita se il bimbo è sano, e senza vincoli, cioè senza dover apporre giustificazione all’atto se non la propria volontà; se invece il bimbo è malato, persino il vincolo temporale decade, quindi si può abortire oltre il terzo mese di vita. Indipendentemente dalle questioni di giustizia o di etica, l’aborto è una grande sconfitta per tutti.

Josephine e Riccardo

http://www.emmausonline.it/2017/03/25/corso-di-preparazione-al-matrimonio-accogliere-un-bimbo-il-dono-piu-grande2/

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