Domenica 30 aprile Papa Francesco, rivolgendosi in particolare ai giovani intervenuti in piazza S. Pietro in occasione dei 150 anni dell’Azione Cattolica, li ha spronati dicendo: «Mettetevi in politica, ma per favore nella grande Politica, con la maiuscola» e contemporaneamente con la mano tracciava il segno di una grande “P”.

Dopo la famosa espressione di Paolo VI che definiva la politica come «la forma più alta di carità», mi sembra che il recente invito possa autorevolmente rafforzare il concetto che tutti, ma soprattutto i giovani, debbano impegnarsi fattivamente per il governo della cosa pubblica.

Viviamo in un periodo in cui la corruzione serpeggia in tutti gli strati della società e non ne sono indenni neppure taluni cristiani, quelli che papa Francesco definisce “ipocriti”.
Proprio per questo l’invito del Papa non può essere passato sotto silenzio.

Ogni giorno arrivano su internet, da parte di persone che si professano cattoliche, richieste di adesione a petizioni che chiedono la cancellazione di questa o quella norma. Certamente alcune di queste ultime hanno bisogno di ritocchi o di impegni precisi circa la loro applicazione, ma chi chiede al Parlamento di rivedere la propria attività, per coerenza, deve riconoscerne la legittimità e l’altissimo ruolo che assolve, senza denigrarlo e sottrarsi in forma talvolta sprezzante all’impegno con l’alibi che «la politica è tutta una cosa sporca».

Ecco allora l’importanza dell’appello del Papa a entrare in Politica così come fecero, all’indomani della Seconda guerra mondiale, quei giovani che, formati prevalentemente alla scuola della Fuci e dell’Azione Cattolica, diedero un vigoroso e determinante impulso alla rinascita dell’Italia. Grazie ai valori di cui erano portatori, riuscirono a dialogare con tutte le forze politiche democratiche e, anche quando queste erano di orientamento molto diverso, seppero mediare tra le varie posizioni per dare al Paese una Costituzione che contiene valori universali e assoluti.

Tutti comunque avevano in comune una visione incentrata sulla persona come soggetto centrale della politica. Col tempo si è persa questa visione e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Allora, nella comunità ecclesiale, c’è bisogno di puntare alla formazione di uomini nuovi cui chiedere un serio impegno in politica e a cui promettere una costante vicinanza morale nello svolgimento dei compiti che andranno ad assumere, pur senza riprodurre forme anacronistiche di collateralismo. Sono da apprezzare in questo senso le iniziative laicali proiettate alla formazione di giovani per il governo dei beni comuni. Sarebbe auspicabile inoltre che ci fosse un forte impegno alla formazione civica e alla Politica dei giovani, oltre che nelle associazioni, anche nelle scuole e nei partiti.

Mi ha colpito quindi il gesto del vescovo di Rieti che ha invitato i sindacati a festeggiare il primo maggio ad Amatrice. Oltre alla novità del gesto, è sintomatico avere fatto la scelta di un luogo devastato da un violento terremoto. Lì c’è bisogno di ricostruire, ma per farlo bene è necessario che tutte le forze in campo, stando loro vicino e incitandole con rispetto, riescano a riscoprire, come fecero gli uomini della Costituente, l’importanza della centralità della persona.

Ecco perché, giovani, vi dico di raccogliere l’invito del Papa. Il futuro è nelle vostre mani.

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