L’immigrazione è un tema quanto mai attuale, ma purtroppo spesso distaccato da un fondamentale requisito: l’integrazione. L’esposizione dei lavori realizzati dalla 2b del Liceo artistico Cantalamessa supportati dai ragazzi del Centro di Ascolto e di Prima Accoglienza è riuscito a farlo da un punto di vista artistico.

Ha aperto l’evento di presentazione della mostra, tenutosi a Macerata all’interno di palazzo Buonaccorsi, l’assessore alla cultura Stefania Monteverde, che ha infranto subito la scaletta invitando gli autori delle opere a parlare. Ha ribadito poi come l’operato sia un insieme di arte, umanità e creatività, la forza stessa di un museo.

In seguito, la coordinatrice del centro di Ascolto, Claudia Manuale ha spiegato come questo sia un progetto volto a impiegare il tempo degli ospiti in modo costruttivo. L’operato della Caritas prevede accoglienza e integrazione fin da subito con l’obiettivo di far nascere nei richiedenti d’asilo nuove attitudini, attività e competenze.

Ha sottolineato, inoltre, come questi ragazzi siano artefici del percorso che intraprendono e come i centri di accoglienza siano solo dei mezzi: se non c’è attivazione da parte dei diretti interessati, è tutto inefficace. «Oltre alle lezioni in aula facciamo anche visite ai luoghi utili che faranno parte della loro vita quotidiana; alcuni di coloro che ospitiamo hanno capito l’importanza dell’avere una cultura e grazie ai loro sforzi riceveranno il diploma delle medie…». «Altri invece fanno più difficoltà» ha poi confessato la coordinatrice.

L’insegnante di Italiano Leonardo Properzi, in quanto ideatore del progetto, ha illustrato la riflessione profonda da cui esso è nato: Il disagio nasce dalla frammentarietà della globalizzazione, difatti, se non riusciamo a categorizzare il “nuovo”, ne siamo spaventati. Per questo bisogna imparare nuove parole per parlare di integrazione.

Ha anche spiegato il metodo didattico attraverso il quale insegna la lingua: considerando la persona che si ha di fronte nella sua globalità, non solo i suoi aspetti pragmatici, ma anche cognitivi, relazionali ed emotivi. L’arte è il campo migliore per attuarli.

In conclusione il fotografo di origini marocchine Hassan Badreddine, che esporrà alcune sue opere all’interno della stessa mostra del progetto, ha esemplificato la sua concezione di cultura, eguagliandola alla luce, essenziale per il suo lavoro, citando anche Ovidio e Fontana.

Non esistono solo mani che dilaniano o impugnano, ma anche mani che parlano” è stato lo spirito con cui è stato affrontato l’incontro con l’altro.

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