Pubblichiamo l’editoriale a firma di Luigi Taliani apparso già sul sito dell’unità pastorale Immacolata – Santa Croce di Macerata.


Poche settimane fa, domenica 14 ottobre, è stato proclamato santo il Papa PaoloVI. Tante volte durante il suo pontificato veniva presentato come un uomo triste e tormentato dal dubbio ma papa Montini sottolineava che la realtà va vista sotto dimensioni diverse. Il 9 maggio 1975 nel cuore dell’Anno Santo dedicato ai temi del rinnovamento e della riconciliazione, PaoloVI pubblica l’esortazione apostolica Gaudete in Domino (GD) da molti considerato «il primo scritto ufficiale della Chiesa tutto dedito alla gioia». Difficile, quindi comprendere Paolo VI, la sua vita e il suo ministero, senza riferimento alla gioia.

Perché la scelta di questo tema?
Paolo VI, sempre molto attento anche a chi è lontano dalla fede, intuisce lo «strano paradosso» della coscienza contemporanea: pur desiderando la vera felicità, sperimenta allo stesso tempo l’incapacità di raggiungerla.

Due i motivi che rendono “particolarmente acuto” il paradosso:

  • In una società tecnologicamente avanzata come la nostra sembra prevalere ancora di più la “solitudine”, la “sete di amore”, il senso di una “presenza non soddisfatta” e un “vuoto mal definito”.
  • Le «miserie fisiche e morali che affliggono l’umanità, pur non essendo più profonde di quelle del passato», oggi «assumono una dimensione planetaria», in quanto «meglio conosciute» e «illustrate dai mass media»(GD): Alla luce di questi disagi Polo VI si convince della necessità di non rinunciare a parlare della gioia e di non smettere di sperare in essa. Decisivo gli appare prestare attenzione una rinnovata attenzione alla dimensione “spirituale” della gioia:

«Il problema ci appare soprattutto di ordine spirituale. È l’uomo, nella sua anima, che si trova sprovvisto nell’assumere le sofferenze e le miserie del nostro tempo.(…) Egli ha desacralizzato l’universo ed ora l’umanità; ha talora tagliato il legame vitale che lo univa a Dio.(…) Dio gli sembra astratto, inutile: senza che lo sappia esprimere, il silenzio di Dio gli pesa. Si, il freddo e le tenebre sono anzitutto nel cuore dell’uomo che conosce la tristezza».(GD,I).

Al centro dell’attenzione di Paolo VI vi è l’uomo e il suo rapporto personale con Gesù. Invita a “contemplare” il Salvatore, mentre nella pienezza della sua umanità, con semplicità, realismo e sensibilità, fa quotidianamente esperienza delle gioie umane:

«Nella sua umanità, egli ha fatto l’esperienza delle nostre gioie.(…) Egli ammira gli uccelli del cielo e i gigli dei campi.(…) Egli esalta volentieri la gioia del seminatore e del mietitore, quella dell’uomo che scopre un tesoro nascosto, quella del pastore che ritrova la sua pecora o della donna che riscopre la dramma perduta, la gioia degli invitati a nozze quella del padre che accoglie il proprio figlio al ritorno da una vita di prodigo e quella della donna che ha appena dato alla luce il suo bambino»(GD,III).

Infine le gioie che Gesù apprezza di più sono quelle che nascono da incontri autentici e personali, nei quali i suoi interlocutori trovano un compagno di viaggio e un amico.

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