Abbiamo aspettato con ansia che l’estate arrivasse e portasse via il freddo intenso che quest’anno ci ha inseguito fino all’inizio di giugno. Infine abbiamo potuto gustare i raggi accesi del sole che si specchiano sull’acqua del mare a volte calmo e silenzioso, come se non esistesse. La gente si è potuta finalmente distendere al sole e in molte località turistiche ha potuto passeggiare indisturbata insieme ai bambini e molto spesso ai cani, primi protagonisti di coccole, attenzioni e rispetto.

In uno di questi giorni di sole, nel parcheggiare l’auto presso un grande supermercato, mentre rovistavo nella mia borsa alla ricerca della moneta per il carrello, un uomo alto e nero, all’ombra, inoffensivo e timido, senza nulla chiedere, anzi con il saluto pronto, conversava amichevolmente con una signora che stava lasciando il suo carrello nell’apposito spazio. Stavo cercando la solita lista della spesa quando, serio e scrutatore, è arrivato un uomo con un distintivo. Mi sono detta: “finalmente un addetto alla catena di vendita che possa dare una mano ai clienti spesso disorientati lungo i tanti corridoi alla ricerca del sapone, degli stuzzicadenti o del bicarbonato!”. No, l’uomo non aveva quella funzione. Era invece l’addetto all’ordine, all’ordine di far sparire dalla circolazione tutti gli stranieri davanti al supermercato. In realtĂ  non tutti gli stranieri, ma i neri, perchĂ© è ormai difficile riconoscere uno straniero se non ha la carnagione scura.

Con tono arrogante, presuntuoso e minaccioso si è rivolto all’uomo alto, nero e silenzioso. Mi sono fermata a guardare l’anziana signora che stava conversando con l’innocuo africano. Ha quasi supplicato il “gendarme” di lasciarlo stare. Ma quello insisteva ed i toni sono diventati molto aspri, spregevoli, fino ad arrivare ad apprezzamenti chiaramente offensivi. “Tu guadagni piĂą di me”, lo ha apostrofato, “vattene da qui!” Ho quasi pensato che sotto la camicia fosse armato, ma l’ho comunque immaginato con un manganello in mano.

Sicuramente il personaggio in questione percepisce uno stipendio come addetto a quella funzione, sicuramente ha una famiglia da sfamare, sicuramente non ha trovato altro lavoro… tutto accettabile e comprensibile. Ma la necessitĂ  non giustifica l’arroganza e l’abuso di potere. Come per incanto ho pensato a tante scene del passato non proprio remoto, quando ad alcune persone era proibito usare mezzi pubblici, bere alla stessa fonte, usare i bagni dei bianchi. Ho pensato alle stelle – non quelle che stanno in cielo e brillano per tutti gli uomini – ma a quelle che dovevano cucirsi, per essere riconosciuti, i “diversi” e circolare alla larga di alcuni luoghi pubblici…

Intanto il mare da lontano continuava a brillare, la gente a passeggiare con i cani al guinzaglio. Dentro di me mi sono ricordata dell’articolo 544 che prevede il reato del maltrattamento di animali: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi o con la multa da 5000 euro a 30000 euro”.

Se avessi dovuto discutere con l’addetto all’ordine mi sarei dovuta appellare alla nostra Costituzione che prevede il riconoscimento e la tutela dei “diritti fondamentali dell’uomo”, senza distinguere tra cittadini e stranieri (Cfr. http://www.altrodiritto.unifi.it/frontier/bonetti.htm). Diritti che appartengono a qualsiasi persona, indipendentemente dal colore, la religione, la lingua… tra cui il diritto a non essere sottoposto a pene, trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. PerchĂ© di questo sono stata involontaria testimone: di una reazione indegna nei confronti di una persona. E non rispettare questo diritto comporta una pena, come è prevista per chi maltratta un animale. Sono consapevole di quanto oggi sia difficile parlare di questo tema, a quali malintesi, a quante speculazioni ideologiche può condurre. Ma io so: “che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per sĂ© stesso non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (Gaudium et Spes, 24). Nel documento non viene specificato il colore e tanto meno la provenienza; certo, non viene detto che creature sono anche gli animali (che pur sono creature) che Dio abbia volute per se stesse. Resta fermo, comunque, che nel negare questo valore neghiamo a noi stessi la dignitĂ  che ci viene data come persone.

Il guardiano che svolgendo il suo lavoro – certamente per guadagnarsi il pane – usa il suo potere per intimidire o disprezzare un suo simile, prima di tutto manca di rispetto a sĂ© stesso e perde così la sua dignitĂ  di uomo. Infine dobbiamo pure avere il coraggio di dire che tra un cane e una persona vi è differenza: un’abissale differenza!

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