“La nostra preghiera non dev’essere limitata solo ai nostri bisogni, alle nostre necessità: una preghiera è veramente cristiana se ha anche una dimensione universale”. Lo ha detto il Papa, durante l’Angelus di ieri, in cui ha invitato a pregare “con cuore aperto” e “con spirito missionario”. “La missione si basa sulla preghiera, che è itinerante: non è ferma”, ha spiegato Francesco: “richiede distacco e povertà; porta pace e guarigione, segni della vicinanza del Regno di Dio; non è proselitismo ma annuncio e testimonianza; richiede anche la franchezza e la libertà evangelica di andarsene evidenziando la responsabilità di aver respinto il messaggio della salvezza, ma senza condanne e maledizioni”.

“Se vissuta in questi termini, la missione della Chiesa sarà caratterizzata dalla gioia”, ha assicurato il Papa: “Non si tratta di una gioia effimera, che scaturisce dal successo della missione; al contrario, è una gioia radicata nella promessa che – dice Gesù – i vostri nomi sono scritti nei cieli”. “Con questa espressione – ha spiegato il Santo Padre –  intende la gioia interiore, la gioia indistruttibile che nasce dalla consapevolezza di essere chiamati da Dio a seguire il suo Figlio. Cioè la gioia di essere suoi discepoli”. “Oggi, per esempio, ognuno di noi, qui in Piazza  può pensare al nome che ha ricevuto nel giorno del Battesimo”, l’invito finale: “quel nome è scritto nei cieli, nel cuore di Dio Padre”.