“Mentre i Paesi europei si chiudono, alzano nuove frontiere e nuovi confini, sono preoccupati di assicurare, anche comprensibilmente, personale ai propri ospedali, sono le nazioni povere a saper mettere un segno di solidarietà incredibile”. Lo sottolinea don Ivan Maffeis, sottosegretario e portavoce della Cei, ricordando l’aiuto offerto all’Italia da Paesi come “Cuba e l’Albania che hanno saputo mettere a disposizione medici e infermieri”. Si tratta, osserva, di “segni che fanno bene al cuore, lontani da una logica che spesso, di fronte al bene comune, ci fa essere indifferenti ed estranei”. “Sono segni – aggiunge – che nel silenzio della vita quotidiana parlano nelle forme di servizio con cui in tanti stanno contribuendo per affrontare l’emergenza”. Secondo don Maffeis, “c’è una storia di santità laica e cristiana nelle città, generosa, cordiale e solidale”. È, rileva, “una profezia da accogliere e sostenere, una cultura da alimentare, un patrimonio a cui educare ed educarsi per una carità sociale e politica con cui rimettere in piedi il Paese”.
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