Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?

Preghiamo i salmi con S. Giovanni Paolo II

CANTICO DI MOSÈ (ES 15,1-4A. 8-13. 17-18)
«Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato,
ha gettato in mare cavallo e cavaliere. Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare! Il Signore è prode in guerra, si chiama Signore. I carri del faraone e il suo esercito ha gettato nel mare e i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mare Rosso. Guidasti con il tuo favore questo popolo che hai riscattato, lo conducesti con forza alla tua santa dimora. Hanno udito i popoli e tremano; dolore incolse gli abitanti della Filistea. Già si spaventano i capi di Edom, i potenti di Moab li prende il timore; tremano tutti gli abitanti di Canaan. Piombano sopra di loro la paura e il terrore; per la potenza del tuo braccio restano immobili come pietra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei acquistato. Lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato.

Questo inno di vittoria ci riporta a un momento-chiave della storia della salvezza: all’evento dell’Esodo, quando Israele fu salvato da Dio in una situazione umanamente disperata. I fatti sono noti: dopo la lunga schiavitù in Egitto, ormai in cammino verso la terra promessa, gli Ebrei erano stati raggiunti dall’esercito del faraone, e nulla li avrebbe sottratti all’annientamento, se il Signore non fosse intervenuto con la sua mano potente. L’inno indugia a descrivere la tracotanza dei disegni del nemico armato: “inseguirò, raggiungerò, spartirò il bottino…”. Ma cosa può anche il più grande esercito, di fronte all’onnipotenza divina? Sono immagini forti, che vogliono dare la misura della grandezza di Dio, mentre esprimono lo stupore di un popolo che quasi non crede ai suoi occhi, e si scioglie a una sola voce in un canto commosso. Tante altre volte Israele sperimenterà situazioni analoghe, e l’Esodo si riattualizzerà puntualmente. In modo speciale quell’evento prefigura la grande liberazione che Cristo realizzerà con la sua morte e risurrezione. Per questo il nostro inno risuona a titolo speciale nella liturgia della Veglia pasquale, per illustrare con l’intensità delle sue immagini ciò che si è compiuto in Cristo. In lui siamo stati salvati non da un oppressore umano, ma da quella schiavitù di Satana e del peccato, che fin dalle origini pesa sul destino dell’umanità. Con lui l’umanità si rimette in cammino, sul sentiero che riconduce alla casa del Padre.

Una storia per pensare…
Un re convocò a corte tutti i maghi del regno e disse loro: “Vorrei sempre essere d’esempio ai miei sudditi. Apparire forte e saldo, quieto e impassibile nelle vicende della vita. A volte mi succede d’essere triste o depresso per una vicenda infausta o una sfortuna palese. Altre volte una gioia improvvisa o un grande successo mi mettono in uno stato di anormale eccitazione. Tutto questo non mi piace. Fatemi un amuleto che mi metta al riparo da questi stati d’animo e sbalzi d’umore, sia quelli tristi che quelli lieti”. Uno dopo l’altro, i maghi rifiutarono.
Sapevano fare amuleti di tutti i tipi per gli sprovveduti che si rivolgevano a loro, ma non era facile abbindolare un re. L’ira del re stava per esplodere, quando si fece avanti un vecchio saggio che disse: “Maestà, domani ti porterò un anello, e ogni volta che lo guarderai, se sarai triste potrai essere lieto, se sarai eccitato potrai calmarti. Basterà infatti che tu legga la frase magica che vi sarà incisa sopra”. L’indomani il vecchio saggio tornò, e nel silenzio generale, poiché tutti erano curiosi di sapere la magica frase, porse un anello al re. Il re lo guardò e lesse la frase incisa sul cerchio d’argento: “Anche questo passerà”.

La voce di un Padre della Chiesa
Se, chiunque tu sia, rivolgi il tuo pensiero a Cristo, e desideri ricevere quello che egli ti ha promesso, non essere pigro nel fare quel che egli ha ordinato. Cosa infatti ha promesso? La vita eterna. E cosa ha ordinato?
Di perdonare il fratello. Come se ti dicesse: Tu, uomo, da’ il perdono all’uomo affinché io, Dio, ti possa perdonare… (Sant’Agostino)

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