Nei mesi scorsi, a livello nazionale, è stato presentato il Reddito di inclusione sociale (Reis) da un’alleanza di 30 organizzazioni e Associazioni di categoria, tra le quali: Acli, Anci, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Fio-Psd, Forum Nazionale del Terzo Settore, Save the Children, Csv, Fondazione Banco Alimentare e Unitalsi. Da allora, si stanno costituendo comitati provinciali per monitorare in modo efficace la povertà in Italia.

Per capire in cosa consistono abbiamo interpellato Fabio Corradini, coordinatore per le politiche sociali e il welfare delle Acli Marche.

In cosa consiste il Reis?
Si tratta di un sostegno economico che viene fornito a tutti coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta, congiuntamente a una serie di strumenti, forniti al livello comunale, volti alla reintroduzione socio lavorativa dei soggetti interessati sulla base di un patto per l’inclusione. Da oltre un decennio, infatti, il nostro Paese condivide con la Grecia il poco invidiabile primato di essere l’unica nazione dell’Europa a 15 priva di una misura nazionale contro la povertà assoluta. I dati Istat parlano chiaro: nel 2013 erano 6 milioni, pari all’9,9%, le persone residenti in Italia che vivevano in condizione di povertà assoluta, mentre nel 2007 erano 2.400.000, cioè il 4,1% del totale.

Qual è il suo funzionamento?
Il Reis è una misura nazionale rivolta a tutte le famiglie e consiste in un trasferimento monetario adeguato a farle uscire da questa condizione, accompagnato da servizi alla persona per l’attivazione e il reinserimento sociale. Si prevede che la sua introduzione si articoli in un piano quadriennale, che permetta così di suddividere lo sforzo attuativo e di diluire l’impegno finanziario richiesto nel tempo. Con il Reis si arriverebbe a un aumento medio del reddito del nucleo familiare dell’86%.

Quali servizi offre alle famiglie?
La misura costituisce un livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, perno essenziale delle politiche sociali del nostro Paese. Il principio guida risiede nell’inclusione sociale: dare alle persone l’opportunità di costruire percorsi che, nei limiti del possibile, permettano di uscire dalla condizione di marginalità. Insieme al contributo monetario, gli utenti del Reis ricevono i servizi dei quali hanno bisogno. Possono essere servizi per l’impiego, contro il disagio psicologico e/o sociale, riferiti a bisogni di cura, disabilità, anziani non autosufficienti, o di altra natura. Inoltre, chi può, rafforza le proprie competenze professionali e deve compiere ogni sforzo per trovare un’occupazione.

Quali effetti si avranno a livello locale?
Il principio guida consiste nella partnership: solo un’alleanza tra attori pubblici e privati a livello locale permette di affrontare con successo il nodo povertà. Il Reis viene gestito a livello locale, grazie a un impegno condiviso, innanzitutto, da Comuni e Terzo Settore. In forma associata nell’Ambito, gli Enti pubblici hanno la responsabilità della regia complessiva e il Terzo Settore co‐progetta insieme a loro, esprimendo le proprie competenze in tutte le fasi dell’intervento. In sostanza il Reis non intende sostituire gli strumenti assistenziali esistenti, bensì solo quelli sperimentali contro la povertà: la Carta acquisti tradizionale e la nuova Social Card. Resta aperta la possibilità di collocare lo strumento in una più ampia riforma del welfare che razionalizzi gli odierni sistemi assistenziali.

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