di Andrea Leonesi *

Dopo quasi due mesi di quarantena mi sembra che tutti noi sacerdoti, e in particolare i parroci, corriamo due rischi: 1) quello di segregarci in casa e aspettare che passi; 2) quello dell’“ansia da prestazione”, che porta a inventarsi di tutto pur di essere presenti e non farsi rimproverare per lo scarso zelo! Solo che così si rischia di non obbedire né allo Stato, né alla Chiesa, né alla volontà di Dio in questo tempo! Ad esempio benedire acqua o rami di ulivo per metterli in fondo alla Chiesa, distribuire la Santa Comunione e confessare, inventarsi Vie Crucis, rosari, processioni…, non si può fare per il bene nostro e di tutti!

Sembrerebbe scontato, ma non lo è (e qui parlo da vicario generale)! Il coronavirus ci sta portando però anche qualcosa di positivo, seppur non è facile coglierlo in mezzo alla sofferenza e al dolore che ci arreca.

1) Lo sdoganamento definitivo dei social di cui mai come in questo tempo abbiamo potuto constatare l’utilità! Cosi anche un profano come me si è ritrovato in mezzo a Zoom, Hangouts, Meet…, dirette streaming e altre “diavolerie” informatiche, apprezzatissime da tanti nostri fedeli.

2) Si prega di più! L’ho desiderato per tanto tempo e ora il Signore me l’ha concesso!

3) Abbiamo avuto conferma che se i preti vivono insieme, è meglio! Grande antidoto alla solitudine e a una quantità enorme di altri mali.

4) Siamo stati costretti ad andare nel profondo del nostro rapporto con Gesù e a chiederci seriamente se certi segni che usiamo normalmente nella vita pastorale siano effettivamente contenitori di una relazione profonda con Lui o si tratti di involucri vuoti! Il vivere, ad esempio, una processione indica e rafforza il mio seguire Gesù nella vita! Ma l’impossibilita, per una volta, di farla, non compromette il significato profondo di cui essa è segno, giusto? Perché se no, è possibile che essa sia appunto un contenitore vuoto, al limite del magico! E gli esempi potrebbero moltiplicarsi.

Io benedico il Signore perché mi ha concesso di sperimentare tutto questo, almeno in parte, in questo tempo, e soprattutto credo che il mangiare e pregare insieme con tutti i sacerdoti della mia unità pastorale (Santa Croce e Immacolata, a Macerata) sia stato veramente un dono Suo, sicuramente non del coronavirus! E poi, de sti tempi, preferisco rimanere a casa visto che le mie uniche uscite sono per andare a benedire salme al Cimitero!

Per il resto non si può dire che il lavoro sia diminuito, visto che il mio cellulare segna 9 ore di media al giorno trascorse in sua compagnia, tra le mani e/o all’orecchio: ormai è davvero una protesi! Però ho scoperto pure che dormire otto ore di seguito, di notte, è decisamente meglio!

La nota più dolente sarà invece quella trasmessa dalla bilancia, quando usciremo dalla quarantena. Il fatto è che, un po’ per far girare l’economia, un po’ per donare allegria alle feste importanti, quale modo migliore che farsi portare a domicilio colombe al gelato o pizza, o dar libero sfogo alle doti culinarie di qualche prete? Ora rimane solo un dubbio: qual è il termine ultimo prima che inizi lo scleramento e la paranoia? Speriamo di non oltrepassarlo!

  • Vicario generale e parroco

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