Le Marche avevano anticipato quel voto alle donne già nel 1906, anche se per soli dieci mesi, come ci ricorda la storia delle prime dieci elettrici di Senigallia: le “maestre di Mortara”. Questo resta il primo importante passo verso la conquista del riconoscimento del diritto di voto che avverrà 40 anni dopo. Non solo elettrici ma anche elette, infatti il 10 Marzo 1946, con l’emanazione del decreto legislativo n.74, fu completato l’iter che portava l’Italia nel novero dei paesi a suffragio universale: le donne non soltanto erano ammesse al voto come elettrici, ma rimediando ad una lacuna, dimenticanza o volontà del legislatore. Il fatto non è mai stato chiarito ma con il decreto del 1° febbraio 1945 si stabilisce che le donne potevano anche essere elette se, nel giorno delle elezioni, avessero compiuto il venticinquesimo anno d’età.

Le prime elezioni amministrative alle quali le donne furono chiamate a votare si svolsero a partire dal 10 marzo 1946 in 5 turni, mentre le prime elezioni politiche, svolte assieme al Referendum istituzionale monarchia-repubblica, si tennero il 2 giugno 1946.

Il diritto di voto alle donne fu successivamente introdotto nella legislazione internazionale nel 1948 quando le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione universale dei diritti umani. Fu così che le donne da madri divennero anche cittadine.

Un lungo viaggio, un cammino difficile, che ha portato al diritto di voto, conquista fondamentale, ma non punto di arrivo, e alla parità fra i sessi, almeno in teoria, dato che ancora oggi restano sacche di disuguaglianza reale e pratica in molti aspetti della vita quotidiana delle donne.

Il voto segnò il primo riconoscimento che portò poi ad una serie di diritti come l’accesso all’istruzione e la possibilità di disporre liberamente dei propri averi. Il cammino verso la cittadinanza fu un percorso lento, graduale, difficile, fatto di lotte nei tribunali, sui giornali, nel Parlamento e nella vita quotidiana. Fu un cammino a cui contribuirono non solo donne, ma anche uomini come il deputato e giurista Domenico Giuriati e come il giudice Ludovico Mortara che nella sua storica sentenza del 1906, pur essendo “personalmente contrario”, ebbe il coraggio di essere “giuridicamente favorevole” all’iscrizione di un gruppo di maestre nelle liste elettorali.

La Repubblica Italiana nasce a seguito dei risultati del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, indetto per determinare la forma di Stato da dare all’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Giovedì 20 giugno del 1946 sulla Gazzetta Ufficiale con il verbale relativo si rendono noti i risultati del Referendum dove si può leggere che nel Collegio XVIII di Ancona, Pesaro, Macerata e Ascoli Piceno si è così votato: favorevoli alla Repubblica sono 499.087 e favorevoli alla Monarchia 213.396. Le donne elette saranno 21, cinque di esse: Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Jotti, Teresa Noce, Lina Merlin faranno parte dell’Assemblea Costituente.

Di certo un lungo cammino di lotta per l’affermazione di una storia, quella dei diritti delle donne, che fa scrivere ad Anna Garofalo “Lunghissima attesa davanti ai seggi. Sembra di essere tornati alle code per l’acqua, dei generi razionati. Abbiamo tutte nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede come biglietti d’amore… “e Angela Minella Molinari dirà “Oggi è un giorno speciale” mentre la giovane Teresa Mattei la ragazzina di Montecitorio eletta a soli 25 anni alla Costituente dirà “Quel voto ce lo siamo conquistato”. Un cammino lungo che non si è concluso quello dei diritti delle donne che oggi votano e fanno politica attiva ma che sembra non abbiamo diritto alla vita per l’ondata di femminicidi che stanno scuotendo l’Italia. C’è ancora tanta strada da fare per i diritti.

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